San Martino del Carso
Di queste case
Non è rimasto
Che qualche
Brandello di muro
Di tanti
Che mi corrispondevano
Non è rimasto
Neppure tanto
Ma nel cuore
Nessuna croce manca
E’ il mio cuore
Il paese più straziato
Non è rimasto
Che qualche
Brandello di muro
Di tanti
Che mi corrispondevano
Non è rimasto
Neppure tanto
Ma nel cuore
Nessuna croce manca
E’ il mio cuore
Il paese più straziato
La lirica è costituita da quattro strofe. Le prime due strofe sono legate da un’anafora ("di queste case … di tanti") e dalle iterazioni ("non è rimasto … non è rimasto; tanti … tanto"). La metafora "brandello di muro" riconduce all’immagine di corpi mutilati, straziati, ridotti a brandelli. La terza strofa si apre con un ma che ribalta l’affermazione precedente. Come le prime due, le ultime due strofe sono legate da un parallelismo ("ma nel cuore … è il mio cuore") e dall’analogia (cuore = paese). Anche se nulla è rimasto dei compagni morti, "nessuna croce manca": non è svanito il ricorso di nessuno di quei morti. Le croci suggeriscono l’immagine di un cimitero, ma richiamano, naturalmente, anche al sacrificio e alla morte del Cristo.
L’immagine finale del cuore straziato richiama quella iniziale del brandello di muro, racchiudendo il componimento in un cerchio di dolore.
San Martino del carso descrive una sorte di "morte della vita": il luogo più vivo del corpo di un uomo, il cuore, sede delle emozioni, è assimilato ad un cimitero, a un regno di morte.Così il poeta stabilisce un'analogia tra sè e l'aridità delle rocce carsiche, qui egli confronta il proprio cuore con un paese distrutto, anzi, per opposizione, il cuore ospita le croci che invece mancano nel paese reale, distrutto dai bombardamenti.
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